L’autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha avviato un’indagine per violazione delle norme del Codice del Consumo, verso la casa automobilistica Italo-Cinese DR Automobiles.
L’accusa è quella di aver fornito ai propri clienti informazioni fuorvianti circa il luogo di produzione dei veicoli, spacciandoli per italiani quando invece si tratta di automobili di importazione cinese.
Ma facciamo un passo indietro…
Il gruppo DR Automobiles nasce nel 2006 a Macchia D’Isernia, da un’idea dell’imprenditore ed ex pilota automobilistico Massimo di Risio.
L’attività commerciale dell’azienda consiste nell’importazione di automobili finite dalla Cina che vengono poi ritoccate e rivendute in Italia con i marchi Dr, Evo, Sportequipe e ICKX.
Ma se è quindi risaputo che sotto la carrozzeria si tratta di auto di origini orientali, cosa ha spinto l’Antitrust a indagare sull’attività del gruppo?
Abbiamo cercato di analizzare la strategia comunicativa di DR Automobiles e abbiamo notato che l’azienda utilizza un’efficace strategia di marketing per sottolineare una presunta italianità dei propri prodotti senza dichiararla mai esplicitamente.
È il caso ad esempio delle numerose pubblicità ambientate nelle più rinomate città italiane.
Il motivo? Probabilmente DR sa bene che il “Made in Italy” attira il cliente più del “Made in China” e anche se ovviamente non può garantire la provenienza locale delle proprie auto, può almeno provare a far leva sull’origine italiana del marchio, inducendo i consumatori a credere che in fondo il prodotto è buono perché “almeno un po’” è Italiano.
Apprendiamo importanti feedback da parte del mercato anche grazie ai dati sui volumi di vendita: la crescita di Dr in Italia nell’ultimo anno è stata spaventosa: +47% di immatricolazioni rispetto al 2022.
È possibile che il merito di questi risultati sia proprio del sapiente lavoro di marketing del brand.
articolo creato dai ragazzi di finanza motori
E curato dal punto di vista tecnico da universomotori
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